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Da Basile ai fratelli Grimm. Le fiabe più belle di tutti i tempi sono nate in Basilicata

“Specchio specchio delle mie brame chi è la più bella del reame?”, è la celebre domanda narcisista della regina e strega cattiva della fiaba di Cenerentola scritta dai fratelli Grimm, ma che venne pronunciata per la prima volta dalla dea Siriona nella favola di Giambattista Basile: “La gatta Cenerentola”. Siriona si specchiava nel Lago Laudemio, un luogo incantevole del Parco Nazionale dell’Appennino Lucano, per vincere l’invidia nei riguardi della bella ninfa di cui si era innamorato Apollo, suo amante. Ma in questi luoghi si pronunciarono celebri frasi di molte fiabe che ancora risuonano nelle menti di chi le ha continuamente ascoltate e lette negli anni della sua infanzia.

Sono i luoghi arcaici e silenziosi della Basilicata con i suoi paesaggi, i suoi panorami cangianti, i suoi misteri nascosti, ad aver ispirato molte fiabe scritte nel 1600 dal Conte napoletano Giambattista Basile e da cui sono nate le più famigerate nel mondo:  Hänsel e Gretel, la Bella Addormentata nel Bosco, Cenerentola, Raperonzolo, il Gatto con gli stivali: tutte raccolte nel suo libro “Lo Cunto de li Cunti”.

Fu così che Petrosinella divenne Raperonzolo e ‘Dolce dorme’ e ‘Cozzo della Principessa’ – i nomi delle cime del Monte Pollino – ispirarono la fiaba della Bella Addormentata nel Bosco. Basile trasformò in racconto la leggenda dei pastori i quali identificavano una principessa addormentata nelle sembianze umane dei pini loricati (una rarità lucana), all’ombra di una luna piena. La favola venne intitolata “Sole, Talia e Luna”. E dalle atmosfere del borgo l’autore prese ispirazione per crearne la trama.

Il Conte, vissuto tra il 1566 e il 1632, governò la città di Lagonegro e completò la sua raccolta nel 1630 quando lavorò al servizio del Duca di Acerenza, Galeazzo Pinelli, all’epoca uno dei più grandi mecenati dell’arte e della scienza. La sua opera, nata dalla passione per la poesia e per la scrittura, venne ultimata nell’atmosfera religiosa della cittadina di Acerenza.

Nel corso del ‘600 e dei primi decenni del ‘700 le fiabe trovarono diffusione in tutta Europa. Autori come  Clemente Brentano, Jacob, Wilhelm Grimm, Charles Perrault, le tradussero e le rielaborarono nelle favole che ancora oggi riecheggiano in tutto il mondo. Furono i fratelli Grimm a riconoscere la figura dello scrittore Giambattista Basile, allorché pubblicarono nel 1822 il terzo volume di Kinder und Hausmärchen (Le Fiabe del focolare).

Girovagando per la Basilicata, la fantasia del Basile si accese degli antichi racconti leggendari e mitologici che ascoltava dalle persone che incontrava. Tutte contenenti due aspetti fondamentali: la magia di cui la Lucania dell’epoca era impregnata e il ‘lieto fine’, elemento che ispirò anche i racconti del fratelli Grimm. Mentre si spostava di borgo in borgo, possiamo immaginare che rimase affascinato dal borgo di Vaglio di Lucania, antica Balium, la roccaforte da cui partiva il fiume che conduceva all’oltretomba e che ispirò le narrazioni della Ninfa Egeria e della Dea Mefitis, simbolo di eterna giovinezza. O che rimase incantato dai luoghi misteriosi e solitari in cui dava libertà alla sua penna, come la grotta dell’Acheron, nella Valle Pilosa di Acerenza. L’autore si lasciava abbracciare dal silenzio di questi luoghi ed alimentava la sua fantasia.

Ispirato dal Lago Laudemio, sulle alture del Monte Sirino, Basile compose la fiaba di “Sole, Talia e Luna”. E cominciò a raccontare: “C’era una volta un gran signore al quale nacque una figlia, che chiamò Talia, e fece venire i sapienti e gli indovini da ogni parte del suo regno perché le predicessero il destino. E loro, dopo essersi consultati, conclusero che Talia avrebbe corso un pericolo mortale a causa di una lisca di lino: per questo il padre ordinò che nel suo palazzo non entrasse lino, né canapa, né nulla di simile, per sfuggire a questa sciagura…”.

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